Cronaca di lei di Alessandro Mari è una bella storia, sicuramente non felice, ma pervasa da un senso di angoscia che la rende ancora più reale. Inizia con la pioggia e un temporale, che quasi come a chiusura di un ciclo torna verso la fine del romanzo. E questo ritorno si applica anche al sentore di ansia, inquietudine e mistero che apre il libro e che si ripresenta nel finale. Tutta la narrazione gioca un po’ con queste sensazioni che però sono davvero predominanti solo all’inizio e a conclusione del romanzo.
Partirei dalla storia, o magari dal titolo, o dal fatto che questo libro l’ho trovato per caso e forse non l’avrei mai neanche letto se non mi fosse capitato davanti agli occhi. Vogliamo parlare anche della copertina? Creata appositamente e non senza fatica dall’illustratrice Francesca Zoni, che dopo vari tentativi è riuscita a rappresentare al meglio il fulcro del libro e la figura femminile protagonista. Quel rosso acceso, quella pulizia che lascia spazio solo all’essenziale e all’immaginazione. Una donna nuda, una mano che le tira i capelli o che glieli tiene semplicemente. Cosa vedete voi in quel disegno? Un atto sessuale o una violenza? Di cosa parlerà questo romanzo secondo voi? Vi lascio con la giusta curiosità. Non voglio raccontare gli eventi. La trama si può trovare facilmente ovunque, a me interessa concentrarmi sulle percezioni, sui significati.
Ora che l’ho letto (in realtà l’ho letto ormai mesi fa) posso dire che sono contenta di non essermelo fatto sfuggire. Anzi mi è proprio piaciuto averlo con me, starci a contatto, sentirlo al tatto, sfogliarlo. Non so come spiegarlo, ma si è creato un legame con questo libro, ho avvertito proprio un bisogno fisico di questo libro durante la lettura che ha occupato lo spazio delle mie riflessioni.
C’è chi l’ha definita una “favola nera” e capisco bene il perché. In un certo senso forse lo è. I personaggi sono tanti. Vengono narrate le vicende del pugile Milo Montero One Way, di sua sorella, nonché sua manager, Irene, e dello scrittore Leo Ruffo. Probabilmente però la protagonista è Lei, la ragazza, l’unica figura senza nome, che resta un mistero per il lettore e per tutti fin dalle prime pagine. Ragazza che entra a far parte della vita di Milo prima ancora che questa storia ci venga riportata e che ritorna da lui non si sa per quale motivo.
Particolarità della scrittura di Mari, oltre al linguaggio asciutto, lo stile crudo e serrato, è la mancanza di virgolette o altri segni di interpunzione per i dialoghi, come se l’autore avesse voluto liberare le parole e i pensieri espressi senza ostacolare il loro flusso. L’autore si serve anche di altri espedienti per dar voce ai suoi personaggi in maniera fluida e ancor più immediata, senza filtri, attraverso l’uso del discorso indiretto libero, così da riuscire ad amalgamare perfettamente le riflessioni e i pareri alla narrazione. Funziona bene anche il tempo verbale al presente, nonostante in certi passaggi risulti un po’ monotono e pesante, con frasi che a volte si riducono a liste di azioni senza dinamicità né importanza.
Perché per la ragazza non è stato scelto nessun nome? Penso che dobbiate scoprirlo voi, anche se l’autore in alcune interviste e presentazioni non ne ha fatto mistero, ma è giusto che ognuno si dia la sua risposta e provi a interpretare il significato del libro e delle scelte dell’autore in totale autonomia. Non ci sono soluzioni definitive né verità assolute. O almeno questo è quello che credo io e che ho percepito. Ci sono intuizioni, possibili spiegazioni, dubbi e poche certezze. Di certo Lei è un enigma per tutti ed è sicuramente un personaggio diverso dagli altri. Hanno tutti un nome e un’identità, anche le presenze secondarie, Lei invece bisogna scoprirla attraverso i suoi movimenti, le sue azioni, le sue decisioni. È posta su un piano diverso rispetto agli altri e comunica di più senza essere etichettata né definita in nessun modo. Per chi le sta intorno, per noi che la leggiamo e che la troviamo lì nera su bianco, Lei è difficile da capire ed è sfuggente, dotata di una «impenetrabilità mansueta», come dice Ruffo. È una studentessa, è giovane, è una modella, abbiamo poche certezze e poche informazioni su di lei, inversamente proporzionali all’impressione che ci fa lei di nascondere costantemente qualcosa. Pagina dopo pagina cresce la convinzione che ci siano chissà quali segreti che incombono su quello che fa e su quello che non dice, che pesano sulle sue fragili spalle e sul suo cuore inaccessibile agli altri. Ma le domande non riguardano soltanto la ragazza.
Cosa ci fanno insieme nella stessa storia uno scrittore e un pugile? Due mondi così diversi i loro, eppure si incontrano, si avvicinano, si intrecciano. Lui che deve tornare a gareggiare e a vincere, dopo una pausa dai ring per un’operazione all’occhio, e l’altro che viene ingaggiato per scrivere un libro con la biografia del campione. Uno scrittore però si sa, va al di là delle parole e di ciò che vede e studia ogni dettaglio della loro vita per capire qualcosa in più, per scoprire quello che loro tacciono.
I temi che emergono dalle profondità di questo testo sono tanti, eppure convergono quasi tutti nel destino comune degli uomini: l’infelicità, l’insoddisfazione dei personaggi che sono alla ricerca di qualcosa e inseguono ognuno a modo loro, alcuni senza neanche saperlo, vari obiettivi. Questa consapevolezza non è pesante, né troppo triste, ma fa tenerezza perché accomuna tutti senza differenze né discriminazioni.
Cronaca di lei è un testo perturbante ma intrigante che, pur volendo focalizzarsi su ciò che accade quasi come se si trattasse semplicemente di una cronaca, ha descrizioni davvero belle e poetiche, nonostante l’estremo realismo e la durezza di molte scene. L’autore è diretto e ci mostra il lato peggiore di tutto e tutti senza esitazioni. Se all’inizio il timore potrebbe essere quello di non vedere accadere granché, vi assicuro che poi la trama esplode e succede tutto! Anche ciò che non viene narrato.
Quando il quadro della situazione si completa, la storia si stabilizza, a un certo punto si inizia ad avere dei presentimenti, si comincia a capire che qualcosa sta per succedere, che qualcosa bolle in pentola ed è pronto a scoppiare da un momento all’altro.
C’è una sorta di ritornello che percorre tutta la narrazione ed è la domanda che si fanno ogni volta la ragazza e Milo. «Mi vedi?». E la loro è una richiesta di aiuto, di chiarezza, di amore. Riconosci chi sono e cosa sono? È un modo di tenersi ancorati alla realtà e sentirsi appartenere a qualcosa, a qualcuno. Un interrogativo che pesa ancora di più in questo libro in cui non sembrano conoscersi davvero i personaggi, uomini e donne che combattono i loro drammi e che tentano di nascondere la loro vera natura o semplicemente di tenerla al riparo.
«È il fatto di vedere, mette giù sul taccuino, vedere o non vedere la vita che ti viene addosso» e sembra questa frase, buttata lì quasi a caso da Ruffo, ad essere in realtà la chiave di tutto.