Recensione “La verità sul caso Harry Quebert ” di Joël Dicker

È stato un caso editoriale in Francia e poi in tutti i paesi in cui è stato tradotto, un giallo che ha stregato e appassionato migliaia di lettori incollandoli alle pagine. Sto parlando del celeberrimo romanzo di Joël Dicker, La verità sul caso Harry Quebert. Accolto con grande entusiasmo e pareri esaltanti dalla critica, acclamato in tutto il mondo come un successo strepitoso, come potete immaginare ha incuriosito e tentato anche me.

Non vedrete però lo stesso calore in questa recensione, né paroloni come “mozzafiato”, “geniale”, “prodigioso” o “toccante”, questo non perché sia un brutto libro o perché non mi sia piaciuto, ma perché non ho avuto le stesse percezioni della maggioranza e non ho trovato il capolavoro che mi aspettavo tra quelle pagine.

Innanzitutto parto con il dirvi che ho letto il romanzo a tappe con altre ragazze in un gruppo di lettura creato da Sam di @leggoquandovoglio (nome del suo account Instagram e dell’omonimo blog) ed è un dettaglio rilevante in quanto un libro di più di 770 pagine che rientra nella categoria dei thriller e della narrativa gialla può sicuramente perdere un po’ del suo fascino e della suspense se lo si deve suddividere in otto parti per la durata di due mesi circa con una discussione a settimana.

Adesso che l’ho finito (in realtà è passato un po’ di tempo ormai, ma solo ora scrivo qui le mie impressioni) ho una visione d’insieme e so bene cosa ne penso, però voglio lo stesso rendervi partecipi dei commenti e delle sensazioni che mi ha lasciato a ogni “puntata”. Sarà una recensione a tappe in un certo senso, per monitorare quello che è stato l’evolversi della lettura e dei miei sentimenti, così come abbiamo fatto nelle discussioni del gruppo in chat e che a mano a mano Samantha ha riportato nei suoi post su Instagram.

Dalle prime pagine mi è sembrato si sapessero già tutti i fatti e mi sono chiesta: riuscirà mai a trascinarmi davvero questa storia, come ho sentito dire da molti?

Dicker infatti sviluppa la trama su due piani narrativi e temporali diversi: nell’estate del 1975 ad Aurora, ridente e tranquilla cittadina del New Hampshire, la quindicenne Nora Kellergan scompare nel nulla e non se ne ha più traccia. Nel 2008 a New York il giovane e promettente autore Marcus Goldman, che ha conquistato le vette delle classifiche con il suo primo bestseller, cade in un blocco dello scrittore e non riesce a scrivere il suo secondo romanzo. A scatenare l’inferno però è la notizia che il suo professore Harry Quebert, anche lui scrittore, tra i più apprezzati in America, viene accusato dell’omicidio di Nola Kellergan. Tutto precipita in un susseguirsi di bugie, malintesi, colpi di scena, flashback, supposizioni. Quale sarà la verità? E Marcus riuscirà a scrivere il suo nuovo libro?

Leggendo ho capito che La verità sul caso Harry Quebert non è semplicemente un thriller. La parte iniziale mi ha appassionato non solo perché si legge molto velocemente e con facilità (e io sono lentissima di solito), ma anche e soprattutto perché è incentrata molto sulla scrittura. Vecchi e nuovi autori tra i quali c’è una profonda amicizia e un rapporto di grande stima, ma anche blocchi di ispirazione, questo è il quadro generale che mi ha subito coinvolto. La narrazione scorre fluida e rapida. Il protagonista è a tratti abbastanza insopportabile, almeno nei racconti della sua vita passata, per la sua presunzione e arroganza. Per fortuna però il punto di forza resta la storia principale che si infittisce sempre di più, anche se è ancora troppo presto per capire quello che è successo. Quello che mi incuriosisce molto è l’insolita numerazione decrescente dei capitoli che parte da 31 e va a scalare a ritroso. Chissà quale sarà la motivazione?

La storia d’amore che emerge andando avanti è abbastanza sempliciotta per come è narrata e i dialoghi sono spesso banali. Non si riesce a empatizzare con i due innamorati. Il racconto però è sempre fluido, nonostante i continui flashback. La curiosità di sapere di più e andare avanti mi ha sempre accompagnata, perfino quando ho iniziato ad avere dei sospetti sulla vicenda e sulle persone coinvolte.

Quando la storia si arricchisce di nuovi elementi, il ritmo si mantiene alto. Si vorrebbe scoprire tutto subito, capire, arrivare al nocciolo della questione. Invece no, continuano le altalene temporali e le frasi fatte e troppo banali, ma questo non ha intaccato il mio interesse. Sempre belle per me le parti sulla scrittura, sulle idee e la stesura di una storia, che corrispondono ai discorsi tra Marcus e Harry.

A lungo andare la storia evolve con nuovi elementi e piccoli indizi, eppure sembra non esserci granché di eclatante o sconvolgente perché sono piste e sospetti che il lettore ha iniziato già a formare nella sua mente. Dalle prime congetture i personaggi che potrebbero essere implicati non dovrebbero rivelarsi come colpevoli, sarebbe troppo scontato, ma chi può dirlo? Data la lunghezza siamo purtroppo ancora lontani dallo scoprire tutta la verità. La curiosità va di pari passo con l’impazienza.

Verso la fine, nella penultima parte, torna finalmente un po’ di movimento nella storia. La faccenda si fa più contorta, la curiosità mista all’ansia di arrivare alla fine è tanta. Alcune cose restano prevedibili o comunque facilmente intuibili, i colpi di scena riguardano situazioni che già si avvertivano torbide e poco convincenti. L’interrogativo più grande è sempre lo stesso: sarò soddisfatta alla fine?

Dopo un lungo viaggio si arriva finalmente a destinazione, viene fuori tutta la verità. La ricostruzione completa dei fatti però non è bastata perché comunque mi ha lasciato un po’ delusa e confusa sulla mia reazione. Avevo aspettative molto alte sul libro anche per la sua risonanza. Eppure oltre a essere scorrevole, non mi ha entusiasmato. Troppe ripetizioni, dialoghi banali, non tutto è credibile. Una storia che si fa leggere e scoprire, ma non il libro dell’anno né della vita.

Mi aspettavo molto di più. Ero troppo carica e sulla scia del grande successo che ha avuto ero pronta a innamorarmi di questa storia e a divorarlo con più convinzione. È un libro molto scorrevole certo, ha un ritmo incalzante e si legge velocemente, soprattutto all’inizio e alla fine, perché nella parte centrale rallenta un po’. Penso che sia un testo troppo lungo, poteva benissimo essere sfoltito di diverse pagine. I dialoghi sono spesso banali e mancano di forza, di mordente. La storia è poco credibile a tratti melensa, alcuni personaggi sono davvero fastidiosi. La verità non viene mai a galla, è un continuo rimandare, ma quando tutto sembra ricomporsi c’è qualcosa che destabilizza e lascia con l’amaro in bocca, che disturba e che non convince completamente. È una bella storia con un grande potenziale, perché si fa leggere ed è interessante, ma raccontata in maniera ridondante e che non ti lascia granché dentro al di là della trama in sé. Dopo tutte quelle pagine è inevitabile che dispiaccia lasciare i personaggi e che poi manchino un po’, ma non è un libro memorabile. Non nasce chissà quale empatia con i protagonisti. Senza dubbio è stato più faticoso leggerlo a causa della suddivisione in tappe per il gruppo di lettura che si è protratto nel tempo e che quindi ha rallentato il tutto, amplificando i difetti del libro.

Per concludere io lo consiglio, ma con riserva. Per una lettura senza pretese, che vada al di là dello stile e della scrittura in sé, se si è alla ricerca di un libro godibile e piacevole a cui appassionarsi può essere una buona scelta. Dopotutto è una storia che stuzzica la curiosità, da finire in poco tempo nonostante la mole.

Ho deciso di lasciarvi con questa citazione, una di quelle che mi ha colpito maggiormente e che riguarda ovviamente la mia passione: Marcus chiede al suo Professore Harry di dargli consigli di scrittura, lui risponde parlando di libertà. Trovo la cosa molto bella perché ho sempre associato la scrittura al concetto di libertà, io che scrivo fin da quando ero bambina e che non potrei smettere. So che scrivere rende liberi, è un atto di estrema autonomia e di emancipazione. Tutto quello che scriviamo ha a che fare con il nostro arbitrio, in un modo o nell’altro, indipendentemente dal fatto se qualcuno ci leggerà o meno. Ecco per quanto riguarda i dialoghi tra Marcus e Harry ci sono davvero tanti spunti di riflessione interessanti sull’arte della narrazione e sul mondo degli scrittori.

« “Insomma, Harry, come si diventa uno scrittore?”

“Non dandosi mai per vinti. Sai, Marcus, la libertà, l’aspirazione alla libertà, è una guerra in sé. Noi viviamo in una società di impiegatucci rassegnati e, per uscire da questa trappola, dobbiamo lottare al tempo stesso contro noi stessi e contro il mondo intero. La libertà è una continua lotta di cui abbiamo una percezione molto limitata. Io non mi darò mai per vinto.”»

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